Istruzione: la maggior parte dei comuni spende meno dello standard
#LeParoleDiOpenCivitas è una campagna di comunicazione di SOSE e openpolis per spiegare i concetti chiave del federalismo fiscale attraverso la pubblicazione di podcast e articoli di approfondimento.
Il 61% dei comuni delle Rregioni a Statuto Ordinario - Rso ha una spesa storica inferiore alla spesa standard, per la funzione di istruzione. Una condizione che può essere causata anche dalla mancanza di risorse sufficienti a garantire un livello di servizi educativi adeguato.
I servizi legati all’istruzione sono fondamentali per il percorso educativo e formativo dei minori. Dalle scuole alle mense scolastiche, l’offerta capillare di tali strutture sul territorio è il presupposto di base per permettere a tutti i bambini e i ragazzi di accedervi.
Istruzione: alcuni servizi comunali sono obbligatori, altri no.
Una delle funzioni fondamentali dei comuni è proprio quella legata all’istruzione. Gli enti si occupano innanzitutto dell’edilizia scolastica per scuole dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado. Oltre a farsi carico del pagamento delle utenze (acqua, energia elettrica, riscaldamento) e della gestione dei giardini e di altre aree verdi delle scuole statali.
Parallelamente a questi servizi considerati obbligatori, ve ne sono altri che non lo sono. In primis le scuole dell’infanzia comunali per le quali però, se presenti, l’ente deve farsi carico di tutte le spese, compreso l’onere del pagamento degli insegnanti e del personale ausiliario. Altri servizi non obbligatori sono inoltre quelli che servono a supportare e agevolare la fruizione del servizio educativo statale. Si tratta dei servizi a domanda individuale, come il trasporto scolastico, la refezione, l’assistenza e il trasporto degli studenti disabili e altri servizi complementari, come il doposcuola e i centri estivi. Oltre ai servizi a domanda individuale i comuni, soprattutto quelli privi di trasporto pubblico, provvedono al trasporto scolastico e all’assistenza e al trasporto degli studenti disabili.
La spesa per istruzione nel sistema di federalismo fiscale
Il sistema italiano di federalismo fiscale, attraverso SOSE, si occupa di stimare il fabbisogno finanziario di cui necessitano tutti i comuni delle Regioni a Statuto Ordinario per offrire i servizi legati all’istruzione. Un calcolo che concorre a determinare la distribuzione delle risorse perequative del fondo di solidarietà comunale.
La funzione principale dei fabbisogni standard è quella di guidare i meccanismi di redistribuzione delle risorse economiche ai comuni.
Vai a "Cosa sono i fabbisogni standard"
Il corrispettivo misurabile e comparabile di questo fabbisogno è la spesa standard. Cioè quanto un comune dovrebbe spendere per adempiere a quella determinata funzione, sulla base delle caratteristiche demografiche, morfologiche e socio-economiche del territorio. E sulla base di quante risorse il comune ha effettivamente dedicato all’offerta di quei servizi. Una spesa che viene appunto considerata storica.
€ 78,4 per abitante, la spesa storica per istruzione effettuata sostenuta dai comuni delle regioni a statuto ordinario, nel 2017.
Per calcolare la spesa standard di ciascun comune per l’istruzione, si considerano 15 variabili che impattano economicamente sullo svolgimento di questa funzione, le cosiddette “determinanti della spesa standard”. Tra queste, quelle più incisive sono la popolazione residente tra i 3 e 14 anni (32 euro per abitante in media), gli utenti della mensa scolastica (€ 16) e i plessi comunali e statali (€ 6 per abitante).
Come varia il livello di spesa per istruzione in base alla popolosità…
La popolazione residente in un comune ne influenza la spesa. Questo vale per tutte le funzioni e, come abbiamo appena visto, nel caso specifico dell’istruzione si considera la popolazione che frequenta le scuole dell’infanzia, le elementari e le medie, cioè quelle di competenza comunale. Viene quindi da sé che al variare del numero di residenti da un comune all’altro varia anche la spesa, sia quella effettiva (storica) che quella stimata (standard).
FONTE: elaborazione openpolis su dati Sose (ultimo aggiornamento: lunedì 15 Marzo 2021)
Un primo aspetto da sottolineare è che considerando la spesa pro capite per la funzione istruzione, sia storica che standard, i comuni delle Rso con più di 100mila abitanti risultano primi. Rispettivamente con € 120 pro capite e € 109 pro capite.
I piccoli comuni offrono in media meno servizi delle città.
Al lato opposto i territori più piccoli, con meno di 500 residenti, con le cifre più basse sia per spesa storica (€ 54 per abitante) che per spesa standard (€ 60 per abitante). Possiamo pensare che questo dipenda in larga parte dalla maggiore incidenza della popolazione 3-14 anni e degli utenti del servizio di refezione, nei comuni maggiori rispetto ai piccoli centri. Nei primi infatti queste due variabili, che come abbiamo visto in precedenza sono le più impattanti sulla spesa, registrano valori quote più altei.
30,9% gli utenti della mensa scolastica sul totale della popolazione 3-14, nei comuni con più di 100mila residenti. Contro solo l’11,6% nei territori con meno di 500 abitanti.
Un divario minore ma comunque evidente emerge anche considerando la percentuale di popolazione 3-14 anni sul totale dei residenti. Nei comuni maggiori corrisponde a una quota del 10,6%, contro il 7,9% in quelli minori.
La spesa storica supera la spesa standard solo nei comuni più abitati.
Un'altra prospettiva da cui osservare questi dati è il confronto interno tra spesa standard e spesa storica, per ciascun gruppo di comuni divisi per fascia di popolazione. il paragone tra i due indicatori ci aiuta infatti a capire quanto gli enti locali spendano per i servizi legati all'istruzione (spesa storica) rispetto a quanto è stato stimato sulla base delle loro caratteristiche demografiche e territoriali (spesa standard).
La spesa storica è inferiore alla standard in quasi tutti i gruppi di comuni considerati. L'unica eccezione è costituita dagli enti inclusi nelle fasce 60mila-99mila e oltre 100mila, dove è invece la spesa storica a superare quella standard. Una condizione, quest'ultima, che può dipendere da una scelta delle amministrazioni di investire più risorse di quelle stimate, per ampliare l'offerta di servizi ai cittadini. Un'ipotesi che trova riscontro per esempio nei dati relativi alla superficie degli edifici scolastici comunali e statali. Se per i comuni con oltre 60mila abitanti parliamo di oltre 13 metri quadri per abitante 3-14 anni, per i territori con meno di 500 residenti il dato cala a 4 mq pro capite.
...e in base all'area geografica
Come abbiamo appena visto, la maggior parte (3.929, cioè il 61%) dei comuni italiani delle regioni a statuto ordinario registra per la funzione istruzione una spesa storica inferiore a quella standard. In questo caso parliamo di enti che, o sono particolarmente efficienti nell'offrire ai cittadini i servizi legati all'istruzione, oppure scelgono di destinare più fondi a un'altra funzione rispetto a questa, o ancora hanno scarse risorse e quindi non riescono a spendere a sufficienza per garantire un livello di servizi adeguato.
In precedenza abbiamo visto come il confronto tra spesa storica e spesa standard possa variare in base alla popolosità dei territori. Ora consideriamo un'altra variabile correlata, cioè quella geografica.
FONTE: elaborazione openpolis su dati SOSE (ultimo aggiornamento: lunedì 15 Marzo 2021)
La quasi totalità dei comuni del mezzogiorno spende, per i servizi legati all'istruzione, meno di quanto stimato sulla base delle loro caratteristiche morfologiche, demografiche e socio-economiche.
È ampio il divario tra il sud e il resto del paese nel livello di spesa per istruzione.
Come emerge dalla mappa, la situazione è diversa al centro, dove oltre la metà degli enti (52%) registra una spesa storica superiore a quella standard per i servizi di istruzione. Lo stesso vale per i comuni del nord-est (51%) e, in misura minore, per quelli del nord-ovest (45%). Tale condizione, che potrebbe a prima vista far pensare a uno spreco di risorse, in realtà può essere il frutto di una scelta amministrativa compiuta in favore della funzione di istruzione per offrire maggiori servizi ai suoi cittadini, rispetto allo standard stabilito.
Alcuni dati comunali sulla diffusione dei servizi educativi sembrerebbero confermare, almeno in parte, questa seconda opzione. Come gli utenti delle mense scolastiche, che nei comuni del nord-ovest costituiscono in media il 32,3% della popolazione residente tra 3-14 anni, nel nord-est il 25,5% e nel centro il 29,1%. Mentre nei territori del sud la quota cala a solo il 12,3%, a segnalare evidentemente una carenza di questo servizio. Stessa tendenza, anche se in modo meno incisivo, si registra considerando i metri quadri di plessi scolastici comunali e statali per residente 3-14 anni. Sono 15,8 nei comuni del nord-est, 14,6 in quelli del nord-ovest, 12,5 nel centro e 10,1 a sud.
FONTE: elaborazione openpolis su dati SOSE (ultimo aggiornamento: lunedì 15 Marzo 2021)
Per conoscere la spesa storica e la spesa standard del tuo comune versa, clicca sulla casella Cerca… e digita il nome del tuo comune. Puoi cambiare l’ordine della tabella cliccando sull’intestazione delle colonne.
Fin qui abbiamo osservato separatamente come variano da un lato il livello di spesa per l'istruzione, dall'altro l'offerta di alcuni servizi educativi, dalla mensa alla disponibilità di plessi scolastici. Sulla piattaforma OpenCivitas, Sose mette in relazione per ogni comune delle Rso questi due elementi, per capire se a un basso o alto livello di spesa delle amministrazioni corrisponda un basso o alto livello di servizi garantiti erogati.
Analisi delle performance
Questo procedimento consiste concretamente nell'assegnare, a ciascun ente, un punteggio da 1 a 10 sul livello di spesa e sul livello di servizi per la funzione istruzione. Il primo si basa su quanto la spesa storica sia superiore o inferiore alla spesa standard, il secondo su quanto è ampia l'offerta di servizi legati a questa funzione, rispetto all'offerta media di comuni simili per numero di abitanti.
FONTE: elaborazione openpolis su dati SOSE (ultimo aggiornamento: lunedì 15 Marzo 2021)
DA SAPERE
- I comuni si distribuiscono in quattro quadranti in base al livello della spesa sostenuta e al livello della quantità di servizi offerti, entrambi valutati con un punteggio da 1 a 10.
- I comuni che si posizionano in basso a destra sostengono una spesa storica superiore alla spesa standard ed erogano servizi in misura minore rispetto ai servizi mediamente offerti dai comuni della stessa fascia di popolazione.
- I comuni che si posizionano in alto a sinistra registrano una spesa storica inferiore alla spesa standard e un livello dei servizi erogato superiore rispetto alla media dei comuni della stessa fascia di popolazione.
- I comuni che si posizionano in basso a sinistra sostengono una spesa storica inferiore alla spesa standard ed erogano servizi in misura minore rispetto ai servizi mediamente offerti dai comuni della stessa fascia di popolazione.
- I comuni che si posizionano in alto a destra registrano una spesa storica superiore alla spesa standard e un livello dei servizi erogato superiore rispetto alla media dei comuni della stessa fascia di popolazione.
Rispetto ai comuni appartenenti alle rispettive fasce di popolazione, sia il capoluogo pugliese che quello campano registrano un livello di servizi d'istruzione ampiamente inferiore alla media, con un punteggio per entrambi pari a 2 su 10. Un risultato che, almeno in parte, può essere correlato al fatto che né Bari (4 su 10) né Napoli (5 su 10) hanno una spesa storica superiore alla spesa standard. Dunque per la funzione di istruzione spendono meno di quanto stimato in base alle loro caratteristiche.
Milano è la città con la performance migliore nella funzione di istruzione.
Al lato opposto, tutti gli altri grandi comuni considerati presentano un livello sia di servizi che di spesa superiori alla media. Cioè offrono più servizi legati all'istruzione rispetto alla media di territori con popolazione simile e hanno una spesa storica per questa funzione che è maggiore di quella standard. In particolare, Milano è la città che offre più servizi rispetto alla spesa. Perché registra un punteggio di 9 su 10 rispetto ai servizi offerti, alla pari di Bologna, Verona e Firenze e di 7 su 10 per la spesa, contro 10 a Bologna, 9 a Verona e 8 a Firenze. In altre parole, ha un livello di spesa più basso degli altri territori pur garantendo un livello ugualmente elevato di servizi d'istruzione.
Infine, è interessante notare che in questo ambito Roma e Venezia presentano esattamente gli stessi punteggi, sia per la spesa (7) che per l'offerta di servizi (8).