La spending review grazie ai dati: ecco come

Da Agendadigitale.eu un articolo sugli opendata della PA con focus su OpenCivitas

Roma, 20/10/2015

di Tommaso Del Lungo, FPA

 

La digitalizzazione dei processi interni delle amministrazioni mette a disposizione enormi moli di dati machine readable. La prossima sfida sarà quindi dotare le organizzazioni pubbliche delle competenze giuste per leggere, intepretare confrontare questi dati ed elaborare su queste informazioni nuove policy. Intanto qualcosa si sta muovendo: il MEF ha da poco rilasciato Opencivitas che confronta i dati di spesa e di servizio degli enti locali e rilascia i dati in formato aperto

di Tommaso Del Lungo, FPA

Uno dei presupporti dell’accountability, ovvero di quel processo di fiducia che si deve instaurare tra amministratore e cittadino a garanzia del mandato politico è che si colmi l’asimmetria informativa tra governato e governante. Il cittadino cioè deve poter sapere quanto si spende e per cosa, ma ancora più importante è sapere quale è il livello di servizio che ha indietro a fronte delle tasse pagate. OpenCivitas è l’applicazione che permette di fare esattamente questo.

Nata da Sose spa una società 100% pubblico del Ministero dell’Economia e delle Finanze a cui è affidato il compito di realizzare gli studi di settore e i calcoli dei fabbisogni standard, OpenCivitas utilizza dati aperti per consentire di conoscere, confrontare e valutare le performance di spesa degli enti locali (Comuni e Province) delle regioni a statuto ordinario. Il portale ha già qualche mese (è stato presentato all’edizione 2015 di FORUM PA lo scorso maggio), ma in pochi mesi è riuscito a catturare l’attenzione di numerose amministrazioni “illuminate” ed in particolare della stampa locale. Navigando sul portale, infatti, si riesce in maniera semplice e intuitiva a valutare la quantità dei servizi erogati da ciascun ente; confrontare le prestazioni degli enti; conoscere i dati di spesa impiegati per l’erogazione di quei servizi; ed accedere ad un rating comparativo che valuta l’adeguatezza dei servizi erogati dall’amministrazione rispetto al fabbisogno standard individuato per un ente con un determinato tipo di caratteristiche (non solo popolazione e  superficie, ma anche costo del lavoro, morfologia, economia locale, valore degli immobili e degli affitti, etc).

Può sembrare complicato, ma è molto semplice se si spiega con un esempio. Prendiamo due comuni abbastanza simili per grandezza e popolazione come Reggio Calabria e Reggio Emilia. La spesa storica per abitante della seconda è quasi il 50% in più. Cioè Reggio Emilia spende 757 euro l’anno per ogni abitante per erogare i propri servizi; Reggio Calabria “solo” 559. Se ci si basasse solo su questo dato (che per altro è esattamente quello che si fa quando si parla di tagli lineari) dovremmo valutare come decisamente più efficiente l’amministrazione del comune calabrese, e magari chiedere agli amministratori emiliani di “tagliare” i loro costi, perché proporzionati. Ma le cose sono un po’ più complesse.

Fino a qui abbiamo parlato di spesa, ma cosa succede se andiamo ad analizzare i servizi erogati con quei soldi? Ebbene le posizioni si ribaltano la città emiliana offre il 15% dei servizi il più rispetto allo standard, mentre la calabrese il 22% in meno.

Incrociando livello della spesa rispetto al fabbisogno standard e livello dei servizi offerti si ottiene una piramide in cui il vertice rappresenta il massimo di efficienza (alto livello di servizio e basso livello di spesa). E così ad esempio scopriamo che - confrontando 8 gradi città metropolitane – Torino e Venezia si posizionano nettamente più in alto di Napoli e Roma. Per la cronaca Reggio  nell’Emilia ottiene un punteggio di 7,20 (poco sopra Venezia) mentre Reggio Calabria 4,4 (appena  sopra Roma).

 

 

Come si vede il giochino è semplice e i dati vengono restituiti chiari e confrontabili, si tratta solo di porre le domande giuste. Ma dietro il cruscotto c’è un gran lavoro e soprattutto una scelta startegica precisa. Per arrivare ad un cruscotto così avanzato la società del Ministero ha dovuto cambiare la propria struttura dotandosi di un team interno di datascientist con skill di competenze estremamente variegati e centrati sul dato, sulla comprensione del dato, sulla visualizzazione e sulla comunicazione delle informazioni racchiuse nei dati. Insomma si è tratta di dover passare dalle tabelle ai database relazionali e da questi ultimi agli opendata.

La piattaforma è la dimostrazione concreta di come l’opendata possa abilitare la creazione di strumenti di valutazione e controllo da parte dei cittadini nei confronti degli enti. D’altro canto lo strumento è nato per essere un cruscotto di gestione a disposizione dei comuni e degli amministratori locali per avere un confronto ufficiale esterno alla propria realtà, un supporto per individuare strategie per una migliore gestione delle risorse.

I dati e gli strumenti di lettura ed analisi abilitano un monitoraggio reale della qualità della spesa, i passi successivi su cui bisogna ancora lavorare molto sono: tempestività del dato (attualmente lo scarto tra dati approvato e dato pubblicato è di diverse decine di mesi), crescita delle competenze interne alle organizzazioni e vision politica, a cui potremmo aggiungere la costruzione di movimenti di pressione dal basso supportati proprio da strumenti come questo.